Il criterio della morte cerebrale fu inventato cinquant’anni fa (1968) dall’università di Harvard come pretesto per giustificare i primi trapianti d’organi vitali.
di Alfredo de Matteo
Quest’anno ricorrono i cinquant’anni (1968) della prima definizione del criterio di morte cerebrale, ad opera di una commissione medica creata appositamente dall’università di Harvard per giustificare dal punto di vista etico i primi trapianti d’organi vitali. Sull’“Avvenire” del 4 febbraio è uscita un’interessante intervista, a firma di Lucia Bellaspiga, alla ricercatrice del Centro Neurolesi di Messina, Silvia Marino.
L’occasione è un incontro internazionale che si è svolto a Milano il 2 febbraio scorso sui disordini della coscienza, organizzato dalla Fondazione Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta.
La neurologa Marino si occupa da diversi anni di scandagliare i residui più nascosti della coscienza attraverso le tecniche di neuroimaging (immagini neurologiche) e di studiare le reazioni del cervello stimolato da suoni, odori ed immagini. Ai pazienti apparentemente privi di contatto con il mondo esterno e immobili da mesi o anni nel loro letto, spiega nell’intervista la ricercatrice, somministriamo stimoli di ogni genere, soprattutto grazie alla fondamentale collaborazione dei familiari. Mentre ciò avviene, attraverso la risonanza magnetica funzionale possiamo vedere se si attivano le aree del cervello del paziente. Continua a leggere